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Un catenaccio d’acciaio al Palazzo Ducale di Urbino

Urbino. Uno degli importanti meriti di Vittorio Sgarbi è di essere tra i pochissimi che continuano a denunciare lo stato d’abbandono del nostro patrimonio artistico. Oggi la battaglia da lui aperta è su un’opera d’arte contemporanea, un catenaccio d’acciaio alto una decina di metri dell’artista inglese Tony Cragg, che uno dei nuovi direttori stranieri di museo usciti dalla riforma Franceschini, Peter Aufreiter, ha fatto collocare al centro del cortile del Palazzo Ducale di Urbino pensando così di valorizzarlo. Realizzando invece una ideologica «contaminazione» anni Sessanta che ha trovato l’illustre protesta di Pier Luigi Pizzi, il quale si è rifiutato di entrare nel cortile del Palazzo Ducale per l’orrore estetico che quel catenaccio valorizzatore gli provocava.Orrore sacrosanto e nobile, ma anche maieutico col suo dimostrare:1. La storica incapacità di soprintendenti, professori, urbanisti eccetera di riflettere sul delicatissimo rapporto, specie in Italia, tra il nuovo e il vecchio.2. Che se definire l’opera di Cragg un catenaccio comporta un pregiudiziale giudizio negativo, non è meglio la pretesa che un catenaccio messo a mo’ di statua contro un fondo rinascimentale faccia per ciò stesso un effetto gradevole rendendo il tutto «più bello».3. Non capendo, chi «quell’aumento di bellezza» sente, che si tratta invece solo della prova d’una perdita di significato e di realtà, cioè della capacità di distinguere tra un’architettura storica d’altissima qualità e un catenaccio.4. L’essere l’arte contemporanea non arte, ma critica d’arte, così che il catenaccio d’acciaio di Cragg è un’opera d’arte, non perché catenaccio, ma perché «ricorda una delle colonne tortili del baldacchino di Bernini in San Pietro», come si legge nel sito di Palazzo Ducale.5. Che se assurdo era certamente l’automatico progresso sindacale delle carriere dei soprintendenti (e bene ha fatto Franceschini a stroncarlo), non meno assurda è stata la promozione allo stesso ruolo di signori stranieri quasi sempre privi d’una bibliografia, quindi poco usi agli studi, e d’una capillare conoscenza del territorio in cui operano, il sale del patrimonio artistico italiano.6. Dove il primo effetto di questa «seconda assurdità» è stato di rendere aeriforme il ruolo di quei nuovi soprintendenti, così che molti di loro hanno finito per arrendersi al concreto fascino delle buonissime tagliatelle italiane che vanno a mangiare alla sera con i maggiorenti del luogo, facendo per valorizzare il patrimonio artistico in loro dipendenza la prima cosa che gli passa in testa.7. A Urbino, stuprare il Palazzo Ducale infilandoci un inutile, quindi ancora più assurdo, catenaccio d’acciaio, altrove organizzando dibattiti-mostra su quadri di Caravaggio che sono tali come io sono una giraffa, altrove ancora pensando di poter aprire stretti corridoi monumentali alla giornaliera visita di decine di migliaia di persone e così via improvvisando, pazziando e valorizzando. ...

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